Tagliatelle di Romagna
Occorrerà altresì fare riposare ed asciugare la setosa sfoglia dopo il superbo lavoro del matterello.
Poi la sfoglia sarà avvolta a fisarmonica, per essere tagliata con un coltello affilato, nella larghezza voluta e più adatta al sugo da abbinare (ad esempio, più larghe se destinate al succulento ragù di maiale; un po’ più strettine se destinate al sugo di stridoli).
Alla fine le tagliatelle saranno srotolate e stese sulla spianatoia. La tagliatella può variare da uno spessore di 5-6 a 8-9 mm; le pappardelle potranno raggiungere i 12 mm ed essere ottenute con il ricorso alla rotellina dentata.
Altre e notissime le regole per un buon lavoro finale: abbondante acqua salata, portarla a bollore, immergere le tagliatelle, mescolare con delicatezza col forchettone di legno, in modo da stendere le tagliatelle; quando risalgono al primo bollore in superficie sono già cotte prontamente da scolare, spegnendo il fuoco, inserendo acqua fredda per bloccarne la cottura, versarle nella zuppiera, cospargere per primo il parmigiano grattugiato, e poi il condimento.
Oppure più modernamente si saltano in padella, ma assai sbrigativamente per evitare che scuociano.
Tanti i condimenti primaverili: stridoli, asparagina selvatica, piselli.
Altri condimenti amatissimi dai romagnoli di ieri e di oggi: salsiccia, ragù di carne, rigaglie di pollame, prosciutto, tartufi, funghi, sugo di coniglio o di lepre, pancetta e altro ancora. Un gesto di attenzione delle azdòre di un tempo era anche quella di contenere l’acidità della conserva o della salsa di pomodoro ricorrendo ad un po’ di zucchero, da unire al sugo.
In ogni caso, nei decenni, tanti romagnoli hanno preteso di mangiarne in quantità consistenti e sovente esagerate, ogni qualvolta fosse stato possibile.