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Passatelli 1962

La piadina romagnola

Simbolo della tradizione, è la vera passione dei romagnoli e di chi visita questa terra.
Una donna vestita di bianco con grembiule e cuffia lavora l'impasto della piadina con il matterello su un tavolo da lavoro in legno. Dietro si vedono altri cuochi al lavoro.
Una donna vestita di bianco con grembiule e cuffia gira con una paletta metallica una piadina che si sta cucinando su di una piastra professionale. Altre piadine si stanno cuocendo sulla piastra.

LA PIADINA
ROMAGNOLA

Le origini della piadina o piada sono millenarie e povere. Nei secoli la piadina è stata considerata un’alternativa più semplice al pane, quando esso veniva a mancare nelle case. Poteva essere cotta sulla graticola e si trattava in genere di un impasto composto di farina di castagne arricchita con ciccioli. In altri casi si usava cuocerla sull’arola del camino ed in questo caso veniva ottenuta impiegando farine singole bianche o miscelate con altre farine (granoturco, farro, orzo, avena, ceci ecc…).

 

Dall’ultimo dopoguerra in poi la piada raggiunge una forma ed un gusto consolidati tanto da diventare una ricetta immancabile nelle cucine di Romagna, dove viene chiamata più correttamente piada e in dialetto piè.

 

La ricetta che si è affermata negli ultimi decenni prevede l’utilizzo dei seguenti ingredienti: farina bianca, sale, bicarbonato, strutto fuso, acqua, eventualmente latte. Per prepararla si impastano sulla spianatoia gli ingredienti prescelti e si ricavano palline di pasta,”i panett”, che vengono fatti riposare una mezz’ora coperti da un tovagliolo. Poi, le singole palline vengono brevemente rilavorate e stese con il matterello, in modo da ottenere dischi di circa 15 cm di diametro e 3 mm di spessore.

 

Ma c’è un ingrediente, ancor più importante degli altri, che solo una brava “azdora” o “piadarola” sa aggiungere: la manualità, quel misto di orgogliosa abilità, tocco e movimento delle mani, che calde, carezzevoli e svelte sanno domare l’impasto. La capacità di una brava azdora non si esaurisce nella preparazione dell’impasto, ma prevede anche una cottura a regola d’arte, eseguita con attenzione e sotto occhi attenti, utilizzando la forchetta di tanto in tanto per ruotare la sottile sfoglia. I segni lasciati dalla forchetta resteranno poi sulla piada stessa quasi come una decorazione, impedendo il formarsi eccessivo delle bollicine sulla superficie.

 

Se ci stai chiedendo un consiglio per gustarla al meglio, ti diremmo senza alcun dubbio di mangiarla calda, quasi a scottadito, perché se consumata fredda può risultare di difficile digeribilità e non integrarsi giustamente con il companatico prescelto.

 

Il nome della piadina cambia a seconda del punto della Romagna in cui ci si trova (pieda, piè, pida, piada, piadina ecc.) e anche per la piadina è sufficiente spostarsi di qualche chilometro per trovare differenze di spessore, diametro, sapore e sfogliatura.

LA RICETTA DELLA PIADINA ROMAGNOLA

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